La volta buona

19.07.2024 18:05 di  Manuel Listuzzi   vedi letture
La volta buona

Ci vuole tempo, passione, competenza e soprattutto voglia di ascoltare, di capire. Ed a volte, anzi, spesso, tutto questo non è nemmeno sufficiente per cambiare le cose, o almeno riportarle dove dovrebbero stare. Anche perché qui ci avevano provato in tanti ad accendere l’entusiasmo, a ricreare quell’atmosfera vissuta per poche stagioni e troppe stagioni fa. Ci aveva provato anche chi questa nostra straordinaria città la conosceva bene, scontrandosi però con i progetti strampalati delle gestioni societarie precedenti. E’ stato necessario toccare (quasi) il fondo per provare a comprendere cos’è Venezia, e che cos’è l’Unione. E’ servito un uomo che ha avuto il coraggio e l’ambizione di tracciare una linea netta col passato, cercando giorno dopo giorno di immergersi sempre più dentro una realtà tanto variegata quanto affascinante, per riportare l’arancioneroverde a brillare come mai prima d’ora. Filippo Antonelli ha percepito che vi era un unico modo per far ritrovare la passione ad un popolo ferito e deluso, un modo che non potesse dipendere esclusivamente dal risultato del campo, ed era abbracciarlo, farlo sentire importante, anzi, fondamentale, dopo che per decenni si era sentito solo il contorno al prodotto in vetrina che era la nostra città. Nessuno aveva mai compreso realmente quanto fosse importante la questione identitaria, al contrario, per molti, dirigenti o tifosi che fossero, era solamente una spiacevole e noiosa questione che nulla aveva a che fare con il successo o con la sconfitta del campo. Contava solamente il brand, il nome della città più bella del mondo, ed al rogo tutto il resto. Solamente che poi, laggiù in fondo alla classifica, ci si accorgeva di esser rimasti soli, senza la propria gente, senza la propria missione, per chi si stava lottando?

Ed oggi, a distanza di un anno e mezzo dal punto di svolta di tutta la nostra storia, sta accadendo ciò che noi abbiamo sempre creduto possibile. Una caccia all’abbonamento, la fame di VeneziaMestre che finalmente esplode in ogni angolo della provincia, il sogno di un’epidemia di amore che dilaga tra ogni generazione. E stavolta non sembra la solita moda, il fascino della serie a, degli squadroni, dei prestigiosi riflettori, e non è nemmeno figlia esclusivamente dell’infatuazione che tutti noi abbiamo avuto per Pojan e compagni; questa volta è diverso, da qualche mese l’atmosfera è diversa. Adesso si esce di casa per tifare l’Unione, uniti, compatti, ci si sente parte della stessa storia, della stessa realtà. Siamo gente di laguna, siamo gli eredi di uomini che hanno scritto la storia del mondo ed ora abbiamo anche quel simbolo che ci mancava da troppo tempo, la squadra di pallone. Ma questa sveglia improvvisa e prorompente non è stato il caso a lanciarla, ma è frutto della strategia di una società che ha saputo aprirsi, dalle prime cene nei club, al dialogo con la parte più calda del tifo, comprendendo come il rispetto verso i veri proprietari della squadra, noi tifosi, sia la cosa più importante di tutte. Alla triste apparizione in massima serie di tre stagioni or sono siamo stati tacciati per disfattisti, per ingrati, solamente perché chiedevamo di veder considerati i nostri colori sociali, di smetterla di voler nascondere la nostra storia, come se ce ne vergognassimo; per molti sembravano battaglie inutili, anacronistiche, ma ora tutti si sono resi conto di quanto siano state decisive per sentirci tutti parte della stessa famiglia. E lo ha capito anche il presidente, che grazie ad Antonelli ed a tutti i ragazzi del marketing, dei social, insieme al grande lavoro del nuovo Slo, hanno finalmente deciso di prendere posizione, restituendoci il nostro amato arancioneroverde, ed iniziando a lavorare e ragionare sul concetto di Unione che da 37 anni segna il nostro ideale, sia dentro che fuori allo stadio. Ora i ragazzi che entreranno in sud sapranno perché si canta così, che vengano dal centro storico, da Mestre, da Jesolo, dalla riviera o da qualsiasi altro posto, ora si potranno finalmente e totalmente identificare con questi colori meravigliosi che non simboleggiano solamente una fusione tra due squadre di calcio una volta rivali, ma il destino di una provincia che vuole ritornare grande, mettendo fine una volta per tutte a chi pretende di volerci divisi, diversi, nemici. Siamo lo stesso popolo e lo saremo per sempre! E ci dispiace per voi nostalgici che avete bisogno, ancora, di sentirvi unici, speciali, migliori, perché d’ora in poi vi basterà accendere la tv e collegarvi con lo stadio Penzo per capire che avete perso.

Ora, sperando e pregando che le nuove maglie abbiano lo stesso coraggio e la stessa ambizione di proseguire su questa strada, ed auspicandoci che la curva si renda conto dell’incredibile momento storico che andremo a vivere nei prossimi mesi agendo con responsabilità e maturità, non ci resta altro che continuare a trasmettere questo amore anche a chi si ostina a preferire la tv all’emozione infinita di tifare VeneziaMestre, perché non sanno ancora cosa si potrebbero perdere… Avanti Unione!